logo meridiana

logo meridiana

lunedì 31 agosto 2015

NO Triv - Verso il referendum sostenuto dalle regioni


PROPOSTA DI REFERENDUM ABROGATIVO DELL'ART. 35 DEL DECRETO SVILUPPO. PRONTA LA BOZZA DELLA DELIBERA PER I COMUNI
Pronta la bozza di delibera che ogni comune italiano può adottare per impegnare la propria regione a deliberare per il referendum abrogativo di una norma (art. 35 del Decreto Sviluppo) che introduce una deroga al divieto di trivellare entro le 12 miglia. La deroga al divieto riguarda tutti i procedimenti in corso.
Per info, potete scrivere privatamente alla casella messaggi della nostra pagina Facebook, o contattare la Dott.ssa Giovanna Bellizzi.
Ricordiamo che i Consigli regionali dovranno deliberare (e successivamente a depositare) la richiesta referendaria entro il 30 settembre prossimo.

Verso il referendum sostenuto dalle regioni

Diritto. Servono le delibere di cinque consigli per attivare la procedura. Sperare in un decreto legge a questo punto è solo utopia
Cin­que anni fa, a seguito del disa­stro petro­li­fero occorso nel Golfo del Mes­sico, il governo Ber­lu­sconi decise di vie­tare la ricerca e l’estrazione di petro­lio nei mari ita­liani entro le cin­que miglia marine. Que­sta pre­vi­sione non era rivolta solo al futuro, ma — per così dire — anche al pas­sato. Nel senso che il divieto avrebbe tro­vato appli­ca­zione anche ai pro­ce­di­menti in corso: a pro­ce­di­menti avviati, ma non ancora con­clusi con il rila­scio di un per­messo di ricerca o di una con­ces­sione per l’estrazione.
Due anni dopo, il governo Monti inter­ve­niva nuo­va­mente in mate­ria con un decreto-legge (il «decreto svi­luppo»), sta­bi­lendo che quel divieto — con­cer­nente ora sia il petro­lio sia il gas — fosse esteso ovun­que alle dodici miglia marine. Con una pre­ci­sa­zione, però. Il nuovo divieto avrebbe riguar­dato solo il futuro e non il pas­sato. Nel senso che non avrebbe tro­vato più appli­ca­zione ai pro­ce­di­menti in corso. L’obiettivo del governo Monti era asso­lu­ta­mente chiaro: occor­reva far ripar­tire i pro­ce­di­menti bloc­cati dal governo Ber­lu­sconi. Ven­ti­cin­que in tutto, tra i quali quello su «Ombrina mare» in Abruzzo e quello su «Vega B» nel Canale di Sici­lia. Ai quali, nel pros­simo futuro, si aggiun­ge­ranno quelli rela­tivi alle atti­vità di ricerca che ha in serbo la società Spec­trum Geo: un pro­getto enorme desti­nato ad esplo­rare i fon­dali del mare Adria­tico per 30 mila chi­lo­me­tri qua­drati e che, ter­mi­nata la fase della ricerca, verrà ulte­rior­mente spac­chet­tato in nume­rosi pro­getti di estra­zione.
Nel 2012, il Coor­di­na­mento nazio­nale No Triv scrisse ai par­la­men­tari della Repub­blica, chie­dendo loro di non con­ver­tire in legge il «decreto svi­luppo». Inu­til­mente. Caduto il governo Monti e aper­tasi la nuova legi­sla­tura, la mag­gior parte delle forze poli­ti­che pre­senti in par­la­mento decise, allora, di pre­sen­tare un pro­getto di legge di modi­fica di quel decreto. Primo fra tutti il Pd. Ma, ancora una volta, inu­til­mente.
Le Com­mis­sioni ambiente di Camera e Senato vol­lero, quindi, impe­gnare poli­ti­ca­mente il governo a rive­dere la posi­zione dello Stato in fatto di estra­zioni petro­li­fere. Per l’ennesima volta, inu­til­mente. In tutta rispo­sta, di lì a poco il governo Renzi avrebbe adot­tato il decreto «Sblocca Ita­lia». Più chiaro di così.
Ora, è pro­prio in virtù dello «Sblocca Ita­lia» che la que­stione si è fatta più spi­nosa, giac­ché con tale decreto il governo ha sta­bi­lito che, su richie­sta delle società petro­li­fere (e lo hanno effet­ti­va­mente richie­sto), il mini­stero possa con­ver­tire i pro­ce­di­menti in corso nei nuovi super rapidi pro­ce­di­menti pre­vi­sti dallo «Sblocca Ita­lia»: pro­ce­di­menti, cioè, desti­nati a chiu­dersi entro 180 giorni con il rila­scio del «titolo con­ces­so­rio unico», che legit­ti­merà i con­ces­sio­nari a cer­care ed estrarre idro­car­buri sulla base di un unico titolo.
Di fronte al per­du­rare di que­sta situa­zione — che negli ultimi mesi ha cono­sciuto una incre­di­bile acce­le­ra­zione dei pro­ce­di­menti in corso e l’adozione di nume­rosi decreti di com­pa­ti­bi­lità ambien­tale fina­liz­zati all’ottenimento dei titoli di ricerca e di estra­zione del petro­lio entro le acque ter­ri­to­riali — l’alternativa è ormai secca.
O si accetta pas­si­va­mente que­sto stato di cose o si decide di rove­sciare rapi­da­mente la situa­zione con gli unici stru­menti che l’ordinamento giu­ri­dico mette a dispo­si­zione: un decreto-legge che vieti la con­clu­sione dei pro­ce­di­menti in corso (ma qui entre­remmo nel campo della fan­ta­scienza) oppure un refe­ren­dum abro­ga­tivo dell’articolo 35 del decreto svi­luppo, la cui richie­sta di indi­zione deve essere depo­si­tata entro il pros­simo 30 set­tem­bre, in tempo utile per­ché si voti prima che i pro­ce­di­menti giun­gano a con­clu­sione. Ter­tium non datur.
È que­sto il motivo per cui il movi­mento «Pos­si­bile» ha deciso di acco­gliere, tra gli otto que­siti refe­ren­dari già depo­si­tati in Cas­sa­zione, anche quello sul decreto svi­luppo. Ed è per que­sta stessa ragione che il 6 luglio scorso il Coor­di­na­mento Nazio­nale No Triv e l’associazione A Sud hanno rite­nuto di dover inviare una for­male let­tera ai Con­si­gli regio­nali, affin­ché prov­ve­dano a deli­be­rare (e suc­ces­si­va­mente a depo­si­tare) una richie­sta refe­ren­da­ria su tale decreto entro il 30 set­tem­bre 2015 (sono suf­fi­cienti cin­que deli­bere regio­nali). Una richie­sta, si badi, che non è rivolta a que­sto o quel par­tito poli­tico, ma che è indi­riz­zata alle isti­tu­zioni ter­ri­to­riali, dove sie­dono pres­so­ché tutte le forze poli­ti­che ita­liane. Certo, si tratta di una strada dif­fi­cile da per­cor­rere, ma dif­fi­cile non vuol dire impos­si­bile. E in fondo sarebbe anche giu­sto così: sarebbe giu­sto che siano i cit­ta­dini a deci­dere se occorra defi­ni­ti­va­mente ras­se­gnarsi o se, al con­tra­rio, sia giunta l’ora di asse­gnare ai nostri mari un destino diverso.
Enzo Di Salvatore ( costituzionalista )

Nessun commento:

Posta un commento