Il 22 aprile si celebra la Giornata della Terra (o Earth Day, nella sua versione internazionale)
Da movimento universitario, nel tempo, la Giornata della Terra è divenuto un avvenimento educativo ed informativo. I gruppi ecologisti lo utilizzano come occasione per valutare le problematiche del pianeta: l’inquinamento di aria, acqua e suolo, la distruzione degli ecosistemi, le migliaia di piante e specie animali che scompaiono, e l’esaurimento delle risorse non rinnovabili. Si insiste in soluzioni che permettano di eliminare gli effetti negativi delle attività dell’uomo; queste soluzioni includono il riciclo dei materiali, la conservazione delle risorse naturali come il petrolio e i gas fossili, il divieto di utilizzare prodotti chimici dannosi, la fine della distruzione di habitat fondamentali come i boschi umidi e la protezione delle specie minacciate.
Ci si metta l’animo in pace: non è colpa dei vulcani, non è colpa della “natura”, né dei fenomeni geofisici. La colpa è dell’uomo. Se pacificamente si ammette che la causa principale del global warming è la presenza nell’aria di diossido di carbonio (più comunemente CO2 o Gas Serra) questo è prodotto, secondo i dati pubblicati nel 2014 sull’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) Fifth Assessment Report, per il 21% dall’industria, per il 25% dalla produzione di elettricità e calore e per il 14% dai mezzi di trasporto. Una percentuale che pesa. E pesa ancor di più se si considera l’impatto che ha nel concreto.
Non stiamo facendo retorica: l’inquinamento ha un costo elevatissimo sul lungo, sul medio e sul breve periodo. Secondo una ricerca apparsa nel 2016 sull’American Medical Association c’è un forte legame tra la riduzione dell’inquinamento ambientale e la riduzione delle bronchiti infantili.
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